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Così funziona la propaganda politica a colpi di bot su Twitter

Published on
23 Feb 2017
Written by
Gillian Bolsover

Our project work was covered in the Italian newspaper La Stampa.

Quando si incontra online una pagina per segnalare le molestie ricevute da un bot – cioè da un programma automatico – viene da chiedersi se per caso non si sia finiti in un libro di Philip Dick. Invece, è l’università di Oxford a domandarlo. Con un progetto co-finanziato dall’Unione europea.

“Pensi che un bot, un programma automatico, ti stia disturbando? Usa questo modulo per segnalarlo”. Così ti chiede Political Bots, che è insieme un sito e un progetto di studio – con fondi dall’americana National Science Foundation, l’European Research Council e varie università – sulla propaganda computazionale. Ovvero qui si parla di algoritmi e programmi automatizzati usati in modo più o meno spregiudicato nella lotta politica, soprattutto sui social network. Di profili finti, gestiti da software, che simulano di essere persone reali con l’obiettivo di accrescere la visibilità di un prodotto, una campagna, un personaggio. O di contrastare un avversario. Un fenomeno che ha preso piede, per le caratteristiche tecniche della piattaforma, soprattutto su Twitter. E si è poi declinato anche nella lotta politica.

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